UN RACCONTO, PER RIFLETTERE

L’OSPITE INATTESO

Oggi è una giornata molto calda.
Sento il profumo della salsedine mentre le onde tiepide del mare cristallino mi cullano ed odo in lontananza il rilassante fruscio delle palme in movimento; ad un certo  punto però vengo strattonato verso il fondo, non riesco a restare a galla ed inizio inesorabilmente ad affondare. Una sensazione di terrore mi assale mentre l’acqua salata incomincia ad entrarmi nelle narici ed io non posso risalire verso la superficie. Affondo sempre di più,inizio a provare fame d’aria mentre i polmoni mi si inondano e la testa comincia  a ruotare all’impazzata; poi  la vista mi si annebbia , perdo coscienza e…
mi risveglio, sudato, palpitante, nel mio letto del reparto oncologico. Tutta la realtà mi torna alla mente.
Ho un cancro.
Non è semplice descrivere cosa si può provare quando t’informano che ti rimangono sei mesi, al massimo un anno di vita, a causa di una neoplasia avanzata alla testa del pancreas e per di più a cinquant’anni. Migliaia di sensazioni e sentimenti t’invadono all’improvviso, incredulità, rabbia, paura;poi tutto tace, dentro ed attorno a te e si viene riempiti da un silenzio profondo ed aggressivo, come di lontananza.
Sì, perchè all’inizio, oltre alla rabbia della sconfitta prospettata, mi sono sentito solo,proprio come un appestato.  Gli amici ed i parenti hanno allontanato i loro sguardi, nel timore d’incontrare il mio ed i dialoghi si sono ridotti quasi a zero, perché evidentemente non esistevano le parole per comunicare l’incomunicabile.
E Dio, dove era finito??? Appeso ad un muro o dentro un libro sacro?
Poi rivedevo mia moglie, lo sguardo stanco, il suo piccolo sorriso sulle labbra; mi accarezzava, dolce, ed allora ritrovavo e ritrovo tutt’ora così il mio Dio, anche se sono ancora convinto che la sofferenza, quella vera, non è fatta per essere sopportata da noi poveri mortali, almeno se siamo  soli.
Devo aggiungere però che questa mio stato, di malato terminale, mi ha permesso di riscoprire situazioni e sentimenti di cui precedentemente avevo sentito solo l’aroma, ma che non avevo mai gustato a pieno.Non avete mai provato a soffermarvi sul profumo del pane appena sfornato, quello tipico delle prime ore della giornata e che diffonde nell’aria delle strade del vostro quartiere? Scommetto che non avete mai notato quel misto di croccante e tostato che si mescola  alla dolce fragranza delle brioches ripiene. La mia attenzione per le piccole cose è diventata tale che ora sono in grado di distinguere il tipo di pane che il mio panettiere ha da poco sfornato, se francesino o michetta, biove o pugliese….E poi c’è  il canto degli uccelli del parco, dove mi reco a riposare e pensare… Se uno si soffermasse, si renderebbe conto della variabilità di toni e di frequenze sonore che si irradiano attorno a noi, creando semplici melodie che toccano il cuore… Infatti anche questo sto iniziando a capire, che cioè non basta sentire con l’udito, ma serve anche ascoltare con attenzione ed assorbire le vibrazioni acustiche da cui si viene colpiti, perché queste abbiamo effetto in noi e tutto ciò vale anche nel rapporto con le persone che conosciamo.
Quanto poco ho dato retta a mia moglie ed ai miei amici, nel mio orgoglioso tentativo di far conoscere me stesso, senza il vero desiderio di ascoltare gli altri… mi rendo ora conto di quanto bene mi avrebbe fatto starmene in silenzio ed assorbire i pensieri espressi in parole di chi mi stava accanto, invece di sopprimere ogni opinione che non fosse la mia.
Per questa nuova visione della vita devo ringraziare sinceramente il mio medico di fiducia, che oltre ad alleviare con grande professionalità la mia sofferenza fisica, mi ha da subito trattato come un uomo e mi ha insegnato ad affrontare con coraggio la dura realtà…
Ho ancora un ricordo vivido del nostro primo incontro. Mentre io esprimevo con timore la mia angoscia del dolore e della morte, egli se ne stava in silenzio, guardandomi negli occhi e partecipando con lieve e tranquilla tristezza della mia situazione;poi  quando terminai di parlare, il silenzio continuò ancora qualche secondo, come se il medico volesse far depositare in se i miei pensieri e quindi mi disse:
“ non tema il dolore, perché possediamo tutte le armi per sconfiggerlo…
Insieme poi potremo affrontare la sue paure e da ora non dovrà sentirsi più solo, perchè avrà accanto un altro uomo che, seppure per esperienza indiretta, conosce ciò che lei prova e facendo tutto il possibile l’accompagnerà in questa dura esperienza di vita…”
Queste poche parole mi regalarono un prolungato momento di pace interiore e pensai che forse,la medicina non poteva essere solo un lavoro, ma anche una coraggiosa disponibilità verso tutti gli esseri umani, una predisposizione del cuore  e della mente prima di tutto a partecipare delle sofferenze altrui e solo in secondo luogo a sconfiggerle con tutti i mezzi a disposizione…

Così ora, ho imparato a convivere con il mio cancro, che immagino come un ospite inatteso, inopportuno, ma che senza di me non può vivere, che dipende totalmente dalla mia semplice esistenza. La mia morte porterà alla sua morte e mentre dopo di lui resterà solo il duro ricordo del male recato, io continuerò ad esistere  come l’uomo che ha avuto il coraggio di affrontarlo e di guardarlo negli occhi, fino alla fine…

DAVIDE VOLPI

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